Il divario di genere esiste anche nella scienza e rivela disparità di genere che devono essere affrontate da iniziative e meccanismi che sostengano soprattutto le ragazze. Secondo gli ultimi dati diramati dall’Unesco le ricercatrici donne sono meno del 30% del personale impiegato nei laboratori. Quali sono i fattori che allontanano l’universo femminile da materie scientifiche, tecnologiche e ingegneristiche?

In una parola parliamo delle famose discipline STEM e di come inserirle nei percorsi educativi, dall’ambiente familiare fino al posto di lavoro; ad influire possono essere, ad esempio, considerazioni finanziarie, mentalità discriminatori e schemi culturali. A livello globale, l’iscrizione delle studentesse è particolarmente bassa nelle scienze naturali, in matematica, nel campo della statistica e dell’edilizia. Dal 2000 ad oggi sono stati molti gli sforzi fatti da enti e istituzioni per migliorare ciò, ma donne e ragazze continuano a essere escluse da una piena partecipazione.

Donne e scienza, l’allarme di Save the Children

Stereotipi, disuguaglianze e mancanza di opportunità educative continuano a impedire alle bambine di sviluppare i propri talenti. Come segnala Save The Children Italia, nel nostro Paese solo il 16,5% delle giovani porta a compimento lauree scientifiche, contro il 37% dei maschi e appena il 22% si diploma presso istituti tecnici, a fronte del 42% dei loro coetanei. Da questi dati notiamo come le differenze nascano durante gli anni scolastici e prosegua successivamente: ad esempio nei dipartimenti scientifici delle università le donne sono solo il 20% del totale dei professori ordinari.

La ONG che dedica il suo impegno di inclusion ai più piccoli vuole cercare di spegnere sul nascere il gender gap, intervenendo sul mondo dell’infanzia e su coloro che saranno le donne del domani. Da questo impegno sono nati di recente gli hashtag #noncivuoleunascienza e #civuoleunascienziata per ribadire l’affermazione delle pari opportunità. Un’ulteriore considerazione riguarda le alunne della scuola primaria che ottengono risultati di molto inferiori ai bambini di sesso maschile, in particolar modo se si tratta di conti e tabelline. Cosa si può fare?

Avvicinare le ragazze alle materie STEM

Non si può più tollerare il fatto che solo una giovane su otto miri a diventare ingegnere (o ingegnera, ma qui nascerebbe una disquisizione a parte) mentre tra gli uomini l’ambizione a dirigere cantieri o a firmare progetti coinvolge un individuo su 4. Un fattore dettato dalla maggiore presenza al maschile all’interno dei licei scientifici e nelle facoltà tecnologiche. Il motto dell’organizzazione internazionale #noncivuoleunascienza invita ad aprire gli occhi sul problema capendo la necessità di risorse al femminile, per cui, appunto, #civuoleunascienziata.

Le difficoltà si accentuano in contesti che presentano disagi economici e sociali, come la dispersione scolastica e le nuove povertà. “Vogliamo rilanciare il protagonismo delle bambine e delle ragazze e creare le condizioni affinché possano scegliere liberamente il loro percorso formativo e professionale seguendo personali desideri e ambizioni” ha dichiarato di recente Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. Gli ultimi dati diramati sono ancora più allarmanti: alla fine del 2020 più del 25% delle ragazze tra i 15 e i 29 anni è una NEET (Neither in Employment or in Education or Training) cioè non è impegnata né in attività di studio né di lavoro.

L’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della Donna, è stato presentato un nuovo hashtag, #findasubito perché se non si interviene ora, le discrepanze nella fase di istruzione si tradurranno, un domani, in discriminazione negli uffici e nelle aziende.


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