Quando ci si appresta a entrare nel mondo del lavoro è inevitabile dover sostenere un colloquio.
I tempi dettati dalla pandemia, poi, hanno reso la concorrenza spietata: infatti nel corso del 2020 sono state migliaia le persone che hanno perso il proprio posto di lavoro, con una debole ripresa registrata dall’ISTAT solo a dicembre 2021.
Appare quasi un miracolo quando riceviamo quella chiamata per fissare un colloquio. E se già quando bisogna sostenerne uno, si entra nel circolo dell’ansia da prestazione, le cose precipitano notevolmente quando chi deve valutarci pone delle domande di troppo.
Domande illegali: ecco cosa non è possibile chiedere durante un colloquio di lavoro
Non prendiamoci in giro: il bersaglio delle domande illegali sono, in primis, le donne. Sarà perché la società in cui viviamo assegna ancora esclusivamente alla figura femminile il ruolo di angelo del focolare, ma questa ovviamente non può essere una valida scusa per mettere a disagio o escludere quella che potrebbe rivelarsi la candidata ideale per un determinato ruolo lavorativo.
Ma quali sono le domande che non dovrebbero essere mai poste?
Eccone un paio, fra le più famose.
- Sei sposata? O fidanzata?
Questa è sicuramente una domanda che in molte (e forse anche in molti) avranno sentito. Delle volte basta un anello al dito per far sorgere il dubbio e sconfinare con una domanda illegale. Ma perché la si pone? Sostanzialmente, se siamo donne, per capire se c’è la concreta possibilità di una gravidanza, con tutte le potenziali grane che comporterebbe per l’azienda.
- Hai figli o pensi di averne? Se ne hai, hai anche una persona di fiducia a cui affidarli?
Neanche a dirlo, anche queste domande non dovrebbero mai essere poste, perché fa ragionevolmente parte della sfera privata di ogni persona. Quindi perché sottoporle? Esattamente come per quella precedente, chi pone queste domande lo fa per rispondere esclusivamente agli interessi dell’azienda, cercando di capire l’eventuale disponibilità della figura da inserire.
Esistono anche altre domande, che vanno a colpire chiunque indipendentemente dal proprio genere?
Certamente. Pensiamo a quelle domande relative alla nazionalità e sull’orientamento sessuale o religioso di una persona. O ancora, se si hanno dipendenze o per quale partito politico si tiene.
Come proteggersi dalle domande illegali?
Fortunatamente la legge viene in nostro aiuto.
Anzitutto bisogna cercare di superare il momento di imbarazzo dettato dal sentirsi porre queste domande.
Successivamente si può far presente, con educazione, che tali domande non sono ammissibili o pertinenti in un colloquio e che, per tale motivo, vi rifiutate di rispondere.
Ciliegina sulla torta, potete citare anche ciò che prevede la legge.
Gli strumenti normativi a disposizione sono tre:
- il Codice per le Pari Opportunità, all’articolo 27;
- lo Statuto per i diritti dei lavoratori, all’articolo 8;
- il decreto legislativo 276 del 2003.
Alcuni potrebbero ribattere dicendo che del resto l’azienda, dovendo investire in una persona, deve esserne sicura al 100% prima di poter procedere con una eventuale assunzione. Ma in realtà non è così: quello che riguarda la sfera privata dei lavoratori deve rimanere tale, in quanto ciò che bisogna valutare sono esclusivamente le competenze e le attitudini di chi si ha di fronte.
Del resto, e questo è un mantra imprescindibile, non si vive per il lavoro, ma si lavora per vivere.
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