La rubrica “Self Made Woman” a cura di Alessandra Quaranta, presenta un format di interviste rivolto a professioniste che hanno raggiunto traguardi importanti nella loro vita professionale, con la forza della loro capacità, intraprendenza e tenacia, fonte di ispirazione per progetti di crescita comune in chiave femminile.
Annalisa Menin
Annalisa Menin è una scrittrice ed imprenditrice esperta di Branding e Comunicazione. Veneziana di nascita, naturalizzata americana, vive a New York dal 2006. Dopo aver perso il marito il giorno dopo il suo trentesimo compleanno, Annalisa lancia il blog “Il Mio Ultimo Anno a New York”, racconta la sua storia nel libro omonimo, e fonda insieme al suo business partner -Maurizio Marchiori- l’agenzia creativa “Octonano”. Dopo la pubblicazione del suo secondo romanzo “Il Traghettatore, edito da Giunti Editore, Annalisa sta lavorando al suo terzo libro e continua a vivere tra gli Stati Uniti e l’Italia. Grazie all’iniziativa benefica “Remembering Marco”, supporta giovani studenti italiani in procinto di vivere il Sogno Americano.
Imprenditrice, scrittrice, creatrice di un’iniziativa benefica internazionale, donna, figlia. Chi è Annalisa?
È tutto quanto sopra, ma anche amica, sorella, amante dell’arte e della bellezza, sportiva e viaggiatrice incallita… sono convinta che ognuno di noi sia un mix di tante cose, a volte anche diverse e contrastanti tra di loro. Adoro, quando conosco persone nuove, rimanere stupita da cose che non riesco a prevedere, da passioni inaspettate o dettagli sorprendenti.
I miei dettagli sono dati dai viaggi e dalle persone che ho conosciuto nel tempo, e dai luoghi in cui ho vissuto: in Italia per i primi 21 anni della mia vita [con incursioni di breve e media durata in Cile, Germania e Canada] e USA per i successivi 16. Questi due paesi, queste due anime, hanno certamente forgiato la donna che sono oggi: una donna sospesa tra due mondi, in continuo dialogo
tra loro. Due mondi che sono sempre in competizione, ma che hanno anche grande rispetto l’uno dell’altro. Sono tanto italiana quanto sono americana, e ne vado molto fiera.
Ci racconti brevemente la tua carriera, le difficoltà incontrate ed i risultati di cui sei più orgogliosa?
La mia carriera si sta rivelando tutto tranne che un percorso in rettilineo, e per me questo è un aspetto molto positivo. Dopo uno stage nel dipartimento finanza di una delle aziende di moda più rinomate al mondo, Valentino, ho trovato lavoro nel settore finanza, presso una software start-up che si occupava di Risk Management Systems a Wall Street. L’azienda si chiamava Real Time Risk
System ed è stata per me una grande scuola: essendo una start-up, le mie attività erano molto variegate (amministrazione, contabilità, marketing, hr, office management); inoltre, lavorando a stretto contatto con il fondatore, Robert Navin, ho da subito approcciato al mio lavoro con un attitudine imprenditoriale, con il problem solving e la capacità di time management in primo piano.
Da lì sono passata al settore immobiliare, che ho adorato, e che mi ha fatto conoscere la città di New York in ogni suo angolo. Anche in questo lavoro era necessaria un attitudine imprenditoriale, e mi ci sono ritrovata appieno.
Mentre mi occupavo di vendite di proprietà da sogno nel mercato immobiliare più eccitante del mondo, ho iniziato a scrivere in un blog che è poi diventato un libro. In quel momento la mia vita è cambiata: ho iniziato a raccontare la mia storia personale e professionale sui social media e mi sono resa conto che raccontare storie era una cosa per me naturale… a quel punto dovevo solo capire come trasformare quella attitudine e passione in lavoro. Dopo l’incontro molto fortunato con Maurizio Marchiori, mio business partner da ormai 5 anni, ho capito che il branding ed il marketing potevano essere la soluzione perfetta. Del resto, altro non sono che mezzi attraverso i quali vengono raccontati prodotti, servizi, aziende e persone.
Qual è stato l’errore dal quale hai imparato di più?
L’errore dal quale ho imparato di più, e che mi è costato moltissimo in termini personali, è legato al tema del SELF-DOUBT, che credo arieggi nelle vite di tanti di noi. Dopo aver scritto a quattro mani il mio primo libro [Il mio ultimo anno a New York n.d.r.], mi sono ritrovata nella sfortunata condizione di non poter allargare il potere del suo messaggio ad un pubblico più ampio, a causa di un contratto che avevo firmato un po’ per INESPERIENZA nel settore editoriale, e un po’ per FIDUCIA nelle persona che avevo scelto. Nonostante i proventi del libro andassero a supportare un progetto benefico [Remembering Marco n.d.r], e nonostante il libro fosse scritto in memoria di una persona che non c’era più – mio marito, Marco Omiccioli – mi è stato impedito di pubblicarlo con una delle case editrici più importanti in Italia. Ho fatto di tutto per riuscirci, ma alla fine ho dovuto mettere da parte la cosa. Una grande sconfitta, non tanto per me, quanto per la storia e per l’impegno messo da tutto il team che aveva lavorato con grande passione a questo progetto.
Questo errore di valutazione mi ha insegnato a scegliere ancor più accuratamente le persone intorno a me e… a far sempre leggere ad un avvocato tutto quello che firmo!
Qual è stata la lezione lavorativa che ti è servita di più?
Forse il non aver anticipato la nascita della mia agenzia di comunicazione, credo sempre per temi di SELF-DOUBT. Avrei potuto iniziare prima a strutturami, a lavorare su quel metodo che ora contraddistingue Octonano [l’agenzia di Annalisa e di Maurizio Marchiori n.d.r.], e a costruire un team intorno a me.
Invece, sono stata bloccata da quella “paura”, per certi versi anche sana, che mi ha fatto pensare di non essere ancora pronta. Forse non lo ero. Ma è anche vero che non si è mai davvero pronti. Bisogna buttarsi, ad un certo punto, e crederci.
Comunque vada, sarà un successo perché ci avremo provato, ci saremo messi in gioco.
Quanto il tuo vissuto famigliare (e l’educazione ricevuta) ha condizionato le tue scelte lavorative?
Sono nata nel profondo Veneto, in una zona dove si andava, e ancora si va (anche se le cose sono molto cambiate), molto fieri del proprio lavoro, del portare a casa i soldi, del sostenere la propria famiglia, in maniera pragmatica e poco sognatrice.
I miei genitori hanno entrambi la quinta elementare, sono stata la prima in famiglia a laurearmi, insomma: la cultura non è mai stata una priorità a casa.
Nonostante questo, o forse proprio per questo, ho sempre avuto fame di crescita, di imparare. Come se non fosse mai abbastanza. Una fame che ho tutt’ora. Penso sia per questo che amo così tanto i musei, dove mi sento a casa, e sempre per lo stesso motivo, che ho amato andare a scuola. Ad influenzarmi nelle mie scelte è stato inizialmente proprio il pragmatismo veneto con il quale sono cresciuta – ho scelto un corso di laurea che pensavo mi avesse portato ad un lavoro solido (Economia e Commercio), mentre dentro di me avrei desiderato un percorso nel mondo dell’arte. Man mano che la mia carriera ha preso forma, mi sono invece fatta guidare dalla passione e dalle opportunità che mi si presentavano, che ho sempre accolto con grande entusiasmo.
Insomma, la mia educazione non ricevuta, mi ha spinto a cercare vie alternative che andassero a compensare le mie mancanze, prima in maniera razionale e pragmatica, e poi in maniera aperta e creativa.
Quali sono state le risorse (libri, persone) che ti hanno supportato o ispirato?
Certamente i miei mentori lavorativi. Mairead Donnelly e Carmine Pappagallo durante l’esperienza Valentino, Thais Roda e Robert Navin durante il periodo di Real Time Risk Systems, Linda Honan presso Corcoran e, ovviamente il mio business partner e mentore di vita e di lavoro, Maurizio Marchiori. E poi le tante, tantissime donne che ho preso e prendo ogni giorno come modello di riferimento durante il mio percorso lavorativo e personale.
Ogni anno cerco di frequentare almeno un corso di aggiornamento in diversi
ambiti, molto spesso legati alla mia professione, ma non sempre: corporate sustainability, calligrafia, pittura, design thinking… perché ho una curiosità insaziabile e perché penso, fondamentalmente, che si possano prendere dettagli
da ogni settore per migliorare il proprio modo di fare business… e di vivere!
Quali suggerimenti daresti alle professioniste che vogliono realizzarsi in ambito lavorativo?
1. Insistere. Tutte le cose che sono arrivate nella mia vita, sono arrivate perché non ho mollato, perché ho insistito nel percorso, anche e soprattutto quando le cose si facevano difficili.
2. Studiare. Non si smette mai di imparare. E per quanto banale sia questa frase, è anche molto vera. Le persone di grande successo, spesso, hanno come caratteristica comune la curiosità e la voglia di evolvere, di imparare, di trasformarsi nel tempo.
3. Staccare. È utilissimo al corpo e alla mente, saper staccare di tanto in tanto dal lavoro, dalla quotidianità, aiuta a vedere il mondo sotto prospettive diverse.
4. E, last but not least, costruire una rete di sostegno intorno a se. Da soli si arriva fino ad un certo punto, ma per fare il salto di qualità bisogna avere persone intorno che ci aiutino nel nostro percorso e credano in noi anche quando noi stessi facciamo fatica a farlo.
Come poter coniugare vita privata e lavorativa senza rinunciare ad una delle due? Quali risorse secondo te dovrebbero essere alla portata di tutte le professioniste?
Non ho figli e quindi purtroppo non posso rispondere da questo punto di vista.
Per me è molto importante ricavare dei momenti durante la settimana da dedicare solo a me stessa, ai miei interessi, alla mia famiglia e alle amicizie, allo sport.
Women X Impact Challenge: indicaci 3 professioniste che secondo te possono essere un modello per la nostra community Women x Impact da taggare e invitare nelle prossime interviste!
1. Cornelia Pop, HR Strategy @Deloitte | Founder @Italian Women USA
2. Carla Colavita, Owner @ Colavita Spa
3. Margherita Silvestri, Creative Director | Entrepreneur @ LiveStory
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