Chi ha ucciso Mr. Wickham?“, della scrittrice statunitense Claudia Gray, è un libro davvero intrigante, dove i più celebri personaggi nati dalla penna di Jane Austen si ritrovano riuniti insieme ad affrontare un terribile delitto. Un romanzo perfetto per la rubrica Recensioni in Rosa di Alessandra Carminati, che come di consueto ne fornisce una recensione attenta e particolareggiata.

Chi ha ucciso Mr. Wickham?” frutto della penna della scrittrice statunitense Claudia Gray e pubblicato da Piemme nel settembre 2022, è stato pubblicizzato come “il romanzo che sarebbe stato scritto se Jane Austen e Agatha Christie avessero preso un tè insieme”.

Decisamente uno slogan accattivante, e in grado di incuriosire i fan delle due scrittrici, appartenenti a due stili letterari oserei dire agli antipodi.

Se a questo si aggiunge il fatto che si tratta del primo tentativo della Gray, celebre per aver scritto saghe di romanzi Young Adult, di cimentarsi con la narrativa per adulti, la curiosità e la voglia di immergersi nella lettura non possono che aumentare.

Un omaggio a Jane Austen e ai suoi personaggi più amati

Claudia Gray dimostra fin da subito di conoscere molto bene l’opera di Jane Austen anzi, di esserne una vera e propria fan.

Lei stessa, nelle note finali, ammette di avere un debito di riconoscenza con la scrittrice inglese per aver creato trame e personaggi che, nel corso degli anni, hanno saputo donarle gioia e felicità.

Sempre nelle note, la Gray ammette anche di aver “approfittato” dell’assenza di date precise che aiutino a dare un’esatta collocazione temporale alle vicende narrate nei romanzi della Austen, se si esclude “Persuasione”, ambientato per certo tra il 1814 e il 1815.  Questa “mancanza” le ha permesso di assegnare un ordine cronologico agli eventi descritti nei vari romanzi, ordine che risultasse quanto più possibile congeniale alle sue necessità narrative.

Ed è così che ci ritroviamo nell’estate del 1820 a Donwell Abbey, residenza di Emma Knightley e di suo marito (i protagonisti di “Emma”), ormai felicemente sposati da sedici anni.

I due coniugi si preparano, ognuno a loro modo, a ospitare amici e conoscenti per un party estivo. I preparativi fervono e, insieme al senso di attesa, cresce anche la tensione: tutto deve filare liscio, gli ospiti dovranno restare soddisfatti dal soggiorno.

La Gray sfrutta l’escamotage del party estivo per riunire i personaggi più conosciuti della Austen sotto lo stesso tetto, a distanza di anni (quindici, o in alcuni casi anche di più) dagli eventi raccontati nei romanzi della scrittrice inglese.

Elizabeth e Darcy, ad esempio, formano ormai una coppia sposata da ventidue anni e si presentano a Donwell Abbey accompagnati dal figlio maggiore Jonathan.

Oltre ai Darcy, tra gli ospiti ritroviamo i coniugi Brandon (“Ragione e Sentimento”) neosposi che cercano ancora di conoscersi, e quasi tutte le altre coppie celebri della Austen: i coniugi Wentworth (“Persuasione”), i coniugi Bertram (“Mansfield Park”) e la giovane e irrequieta Juliet, figlia di Catherine Tilney, la protagonista de “L’Abbazia di Northanger”.

Inutile dire che con questo stratagemma la Gray crea enormi aspettative e porta a divorare il romanzo pagina dopo pagina, quasi ci si trovasse di fronte a un gioco letterario il cui scopo fosse non tanto quello di individuare il colpevole quanto quello di riconoscere tutti i riferimenti e i rimandi ai grandi classici della Austen.

Nessuna coppia è perfetta

Fin da subito è chiaro che tra le coppie non tutto fila liscio come sembra. C’è una strana estraneità tra Elizabeth e Darcy, un peso e un senso di colpa che pare allontanarli.

Se poi i Brandon non sembrano capirsi e fantasmi del passato minacciano la loro serenità, Fanny Bertram dal canto suo è angosciata per il fratello e tiene nascosto al marito un segreto inconfessabile.

E che dire dei Knightley? Stanno affrontando anche loro problemi economici come i Wentworth che hanno perso tutto a causa di investimenti avventati?

O i problemi sono altri…?

In questo clima di tensioni latenti fa la sua comparsa il cattivo per antonomasia: Mr. Wickham.

Lo avevamo lasciato in “Orgoglio e Pregiudizio”, sposato con Lydia e in procinto di raggiungere un qualche reggimento ben lontano dai parenti acquisiti.

Un mascalzone, un ipocrita, un manipolatore… che ha avuto ben vent’anni per peggiorare e diventare perfidamente malefico.

Mr. Wickham fa la sua comparsa a sorpresa quando gli ospiti di Donwell Abbey sono riuniti a cena, fuori diluvia, una vera e propria apparizione da incubo.

Il suo arrivo non è casuale, in fondo niente di quello che fa lo è.

Scopriamo lentamente, poco alla volta, che chi per un motivo economico, chi per un motivo personale, tutti a Donwell Abbey temono la sua presenza e ne sono esasperati.

Tutti hanno un valido motivo per odiarlo.

I Darcy forse più di tutti, visti i trascorsi e una tragedia ben più recente che li ha sconvolti, ma anche i Wentworth, che Wickham ha truffato portandoli sul lastrico… Per non parlare di Brandon e di Fanny, i cui rancori verso Wickham sono di natura ben più personale.

Il maltempo obbliga gli ospiti a una forzata convivenza con l’uomo che odiano, ma la convivenza sarà di breve durata: il cadavere di Wickham viene ritrovato in una delle gallerie di Donwell Abbey, colpito violentemente da un corpo contundente.

Nessuna coppia è perfetta, ma chi tra di loro può anche essere un omicida?

Due improbabili detective sfidano le convenzioni sociali

A indagare sull’omicidio, ovviamente di nascosto, sono Jonathan Darcy e Juliet Tilney, i personaggi su cui la Gray può giocare maggiormente di fantasia, in quanto caratteri non canonici e creati da lei.

Jonathan viene descritto come un ragazzo strano, originale, che fatica a comprendere le regole sociali e che per farlo ha bisogno di schemi precisi a cui fare riferimento. Tramite Jonathan, la Gray descrive in modo delicato caratteristiche che non possono non far pensare a una lieve sindrome di Asperger, mentre su Juliet riversa tutta l’impulsività di una giovane donna che vuole ritagliarsi un ruolo più attivo nella società, non le basta essere relegata in un angolo a cucire e a fare gossip.

I due, apparentemente così poco simili, uniranno le loro forze per far luce sugli eventi, certi che il colpevole sia uno degli ospiti.

Se infatti Frank Churchill, incaricato delle indagini, vorrebbe risolvere il mistero in fretta e furia, magari incolpando qualcuno della servitù (o uno straniero di passaggio), i due giovani si ribellano fin da subito all’idea che un innocente possa essere accusato solo perché, per i membri della società in cui vivono, sia impossibile anche solo valutare che il colpevole possa nascondersi tra ospiti così blasonati.

La loro tenacia sarà premiata: riusciranno prima a convincere Frank che il colpevole non può essere altri che uno degli ospiti e, alla fine, ne scopriranno anche l’identità.

Se questa esperienza cementa l’amicizia tra Juliet e Jonathan, la verità finale sul colpevole e sulle sue motivazioni, portata alla luce, aiuterà le altre coppie ad affrontare i loro problemi, uscendone più forti e sicure di prima.

Non saranno mai coppie perfette, ma sicuramente saranno più aperte al dialogo e al confronto: parlarsi apertamente, questa la ricetta giusta per far fronte alle difficoltà insieme.

Lo stile del romanzo, un omaggio alla Austen ma non solo

Da amante dei romanzi della Austen, ho trovato il libro della Gray assolutamente delizioso.

Claudia Gray ha uno stile fresco, scorrevole, capace di coinvolgere il lettore fin dalla prima pagina; la sua ammirazione per Jane Austen emerge non solo dalla cura con cui ne riprende i personaggi più celebri, ma dalla sua capacità descrittiva che riesce a tenerli ancorati alla realtà da cui provengono, quella scaturita dalla penna della Austen appunto.

Eppure, seppur rimanendo fedele all’universo narrativo da cui li ha presi in prestito, la Gray riesce anche a dar loro una nuova profondità.

Crea nuove problematiche, sorte negli anni che li hanno separati dagli eventi descritti nei romanzi della Austen, e che li hanno portati ad allontanarsi, o hanno creato malintesi. Oppure indaga sul loro passato, trovandone spunti nuovi e angolazioni diverse da cui analizzarli.

Si rimane calati nell’epoca Regency, ma con un tocco di psicologia moderna, e questo grazie all’abilità della Gray di restare fedele alle dinamiche delle varie coppie, ampliandone allo stesso tempo il respiro e scuotendone gli equilibri.

Le pagine, come ho detto, si divorano. Si vuole conoscere di più di questi personaggi amati (o odiati) e la Gray ce ne offre la possibilità, da vera fan ci regala un’avventura in grado di riportarli in vita, un po’ diversi forse, cambiati ma sempre affascinanti.

Il delitto, per la Gray, parrebbe quindi solo un pretesto per analizzare le dinamiche tra i personaggi. Viene risolto soltanto alla fine, proprio come in un giallo classico, alla Agatha Christie per l’appunto, con la risoluzione dell’enigma presentata ai sospettati riuniti (e con una sorpresa finale davvero ben congegnata).

In breve, “Chi ha ucciso Mr. Wickham?” è indubbiamente una lettura brillante, piacevole e assolutamente consigliata.

 

Alessandra Carminati