Protagonista per la seconda volta di Recensioni in Rosa  è un romanzo dello scrittore statunitense T.J. Klune. Dopo “La casa sul mare celeste”, Alessandra Carminati stavolta recensisce “Nella vita dei burattini”, un romanzo divertente e delicato i cui protagonisti, con i loro difetti e la loro umanità, entrano nel cuore di chi legge, portando nel contempo in primo piano temi importanti e attualissimi .

Poco più di un anno fa, a settembre 2022, usciva la mia recensione, sempre su questo blog, de “La casa sul mare celeste” di T.J. Klune, un romanzo che mi aveva conquistato per la dolcezza e la sensibilità con cui riusciva a trattare temi delicati e per il modo in cui portava a riflettere i suoi lettori, coinvolgendoli e commuovendoli al tempo stesso.

Per questo, quando lo scorso giugno, sempre edito da Mondadori, è uscito “Nella vita dei burattini” non ho potuto fare a meno di leggerlo, aspettandomi dall’autore una nuova magia letteraria.

Non sono rimasta delusa.

Nella Vita dei Burattini

In una foresta antica e sperduta…

 La vicenda ha inizio in una foresta antica e sperduta. Qui, lontano da una società di cui ancora poco sappiamo, l’androide inventore Giovanni Lawson decide di stabilire il suo rifugio, restaurando pian piano una struttura abbandonata che diventa la sua casa e il suo laboratorio.

Circondato dagli alberi, protetto dalle loro fronde, Giovanni costruisce, inventa, ripara… isolato completamente dal mondo, almeno fino quando nella sua vita compare un bambino, affidatogli, così sembra, da una coppia in fuga.

Passano gli anni e Victor (così Giovanni battezza il bambino) è ormai un giovane uomo che dal “padre” ha eredito la capacità e il talento nel riparare oggetti.

La loro piccola famiglia si è nel contempo allargata, e ore ne fanno parte anche l’infermiera robotica Ratched, dalla personalità vagamente sadica (certo, viene alla mente la tremenda Ratched de “Qualcuno volò sul nido del cuculo” ma qui siamo su un livello completamente diverso, oserei dire ironico e a tratti buffissimo) e un robottino pulitore di nome Rambo (di fatto un Roomba con le braccine) in perenne stato d’ansia.

Entrambi sono stati trovati in una discarica poco lontano dal rifugio di Giovanni e sono stati riportati in vita e riparati dall’inventore e dal figlio.

Una famigliola imperfetta e originale ma all’apparenza felice, in cui ognuno sembra avere un ruolo ben preciso, una parte da recitare tra un battibecco e un altro. Fino a che…

La discarica e la Città dei Sogni Elettrici

… Fino a che Victor, durante l’ennesima ricognizione nella discarica, trova un androide non ancora completamente distrutto e decide di portarlo a casa per ripararlo, creandogli un cuore simile a quello di Giovanni e dandogli una seconda vita.

All’inizio cerca di tenerlo nascosto al padre (soprattutto perché i viaggi alla discarica sono pericolosi, Giovanni teme che Victor venga scoperto e catturato dall’Autorità, la stessa da cui da anni si nasconde) ma il segreto viene ben presto a galla e Hap, così è stato ribattezzato l’androide misterioso, entra a far parte della famiglia.

C’è qualcosa di poco chiaro però, Giovanni sembra sapere più di quanto dia a intendere, Hap non è per lui un completo sconosciuto, ma i dettagli del passato di entrambi sfuggono.

L’ultima visita di Victor alla discarica, tuttavia, non è passata inosservata, androidi minacciosi a bordo di una gigantesca balena metallica scoprono il rifugio di Victor, lo distruggono e catturano l’inventore per riportarlo alla Città dei Sogni Elettrici.

Victor e gli altri scampano alla cattura ma sanno di non poter far finta di nulla: devono mettersi in cammino verso la città e devono ritrovare Giovanni prima che l’androide venga riprogrammato o, peggio, distrutto.

L’avventura ha inizio.

Collodi e il Mago di Oz

Lo strano gruppo di eroi abbandona il rifugio, ormai non più sicuro, della foresta per affrontare l’ignoto. Victor, dopo aver visionato un messaggio lasciato in affidamento da Giovanni all’infermiera Ratched per i casi di emergenza, sa di dover raggiungere la Città dei Sogni Elettrici e di dover chiedere aiuto alla Fata Turchina

Se finora i riferimenti a Collodi erano già abbastanza evidenti ora sono assolutamente notevoli.

Un inventore, una creatura da lui cresciuta (qui abbiamo androide e umano al posto di umano e burattino), una balena che risucchia l’inventore, i cattivi che indossano divise con loghi raffiguranti un gatto e una volpe e ora la Fata Turchina.

Il retelling in versione futurista è quasi completo eppure… Eppure qui Victor non è esattamente un Pinocchio in cerca di guai, al contrario il suo è un personaggio maturo che, nel muovere i primi passi verso l’ignoto, è accompagnato da una fedele e quanto mai sgangherata combriccola che ricorda tanto i protagonisti così diversi tra loro de “Il Mago di Oz” sulla strada di mattoni gialli.

Insieme ai suoi amici, Victor affronterà una serie di peripezie che lo porteranno a svelare anche la verità sulle sue origini, una verità a dir poco sconvolgente che ribalterà non poco il suo ruolo e la sua importanza nell’intera vicenda, rispondendo anche a quelle domande che sembravano destinate a rimanere senza risposte.

Il finale, imperfetto ma assolutamente perfetto nella sua imperfezione, non lascia delusi. I nostri eroi affronteranno un nuovo inizio, con tutte le difficoltà che esso comporta ma Klune sembra voler suggerire che, restando uniti, sicuramente riusciranno ad affrontare ogni sfida.

Come detto, se rimandi a Collodi riecheggiano nel corso delle varie (dis)avventure dei nostri improbabili eroi, è innegabile che  T.J. Klune faccia molto di più che raccontare una favola conosciuta inserendola in un contesto moderno.

Personaggi terribilmente umani e uno stile narrativo unico

Il mondo creato da Klune è un mondo fantastico popolato da personaggi che più reali non si potrebbe.

I dialoghi sono vivaci, una vera fonte di divertimento: le ansie di Rambo, il bipolarismo di Ratched, la timidezza di Victor e la rudezza di Hap si combinano in maniera talmente realistica da avere l’impressione di viverli, di sentirli, quasi fossero battute di un film.

Le interazioni tra loro riescono a scaldare il cuore di chi legge, impossibile non affezionarsi a tutti loro, un po’ come succedeva per i personaggi de “La casa sul mare celeste”.

Lo stile narrativo è all’apparenza semplice, le parole scorrono con un ritmo leggero, a tratti persino gioioso, ma riescono ad affrontare temi importanti, celandoli nella descrizione di un mondo fantastico o, più semplicemente, di un futuro distopico.

Victor cerca di ritrovare suo padre, di ridargli un cuore e, nello stesso tempo, impara a fare i conti con i propri sentimenti.

Klune, attraverso i suoi personaggi e le loro paure ed emozioni, si interroga (e interroga i lettori) sulle differenze tra uomo e macchina, sul ruolo e il potere che queste potrebbero avere, sull’amore e sul peso delle scelte nelle nostre vite. Scelte che riguardano chi siamo e, soprattutto, chi decidiamo di essere.

Una storia umana, troppo umana, un’umanità viva come non mai anche quando, a conti fatti, solo uno dei personaggi è davvero un essere umano.

Eppure sono innegabili (e umanissime) la tenerezza di Rambo, l’emozione di Hap, la lealtà di Ratched e la necessità di Giovanni di staccarsi da un mondo che non approvava, per perdonarsi e per ritrovare una dimensione diversa.

Ognuno di loro è a suo modo esempio di come certi legami emotivi siano più forti di qualsiasi altra cosa.

Pathos, avventura, emozioni, tematiche profonde (amore, perdono, superamento e accettazione delle proprie differenze), tutti ingredienti che rendono questo romanzo un altro gioiello di T.J. Klune, una storia capace di commuovere, di far ridere e di far riflettere. Una lettura che è un vero piacere.

Alessandra Carminati