La rubrica ”Sorellanza” a cura di Alessandra Quaranta presenta un format di interviste rivolto a professioniste che operano nel campo della parità di genere e dell’empowerment femminile e che quotidianamente si impegnano a fare rete.

Sara Melotti è una storyteller, fotografa documentarista, video-maker e scrittrice.

Nata e cresciuta in Italia, Sara si è trasferita negli Stati Uniti dopo il liceo. Inizialmente ha intrapreso la strada della fotografia di moda e successivamente ha trasformato la sua passione in un vero e proprio lavoro che l’ha portata a lavorare per brand e designer a Londra, Los Angeles, Hong Kong and NYC. 

Nel 2015 lascia l’industria della moda, crea un suo progetto personale, QUEST FOR BEAUTY, e inizia a viaggiare per il mondo in solitaria fotografando e intervistando le donne che incontra per strada chiedendo loro cosa sia la bellezza.

Da allora il suo lavoro l’ha portata da NYC al Vietnam, dal Marocco a Cuba, in Iraq e in molti altri Paesi. Negli ultimi anni il suo focus si è spostato sul mondo del Travel, su storie di viaggio e su tematiche sociali e umanitarie.

 

Fotografa documentarista, video-maker, scrittrice, attivista di tematiche femministe. Chi è Sara?

Non sono una grande fan delle definizioni, sono una persona molto umana, non mi ritengo un’ attivista ma semplicemente un’artista che nella vita racconta storie: storie di luoghi, di culture e soprattutto di persone e umanità. Onestà, verità, realtà e umanità sono i pilastri portanti di tutto quello che faccio nella vita.

 Che significato ha per te la parola “sorellanza”?

Empatia, supporto, comprensione e accettazione tra donne, quando è giusto che ci sia.

Ti ricordi quando e per quale “battaglia” hai iniziato ad essere un’attivista per la parità di genere?

L’uguaglianza—in generale, nel mondo—è un tema che mi sta molto a cuore e su cui continuerò a lavorare, però ripeto, non mi ritengo un’attivista. Ho iniziato ad interessarmi e a documentare realtà che a volte hanno a che fare con la parità di genere (soprattutto in paesi in via di sviluppo, dove il divario è molto più accentuato e critico che nella nostra parte di mondo) quando mi sono ritrovata per caso a lavorare su un progetto sulla violenza contro le donne in India. Lì ho capito quanto lavoro c’è ancora da fare e che potevo usare la mia voce per dare voce a persone che non avevano molte opportunità di far sentire la propria, passandoli il microfono.

Quali sono state le risorse (libri, persone) che ti hanno supportato o ispirato nella consapevolezza della parità di genere?

Non ci sono state persone o risorse particolari, la consapevolezza della parità di genere mi è venuta dalle mie esperienze di vita e dalle realtà—spesso difficili e complesse—che ho visto viaggiando per il mondo. In seguito Oriana Fallaci è stata un buon riferimento/metro di giudizio sul tema (parlo di una Fallaci pre 11 Settembre ovviamente), ma la persona che mi ha influenzata di più nella mia visione del mondo e di giustizia è stata Tiziano Terzani, un’enorme fonte di ispirazione per me, mi ha insegnato il valore dell’umanità e della verità, e a percepirmi come parte di un tutto molto più grande di me.

Per tua esperienza, in Italia esiste un reale problema di rappresentazione delle donne da parte dei media o è il modello educativo a essere patriarcale e sessista?

Sicuramente c’è ancora un grande problema di rappresentazione della donna nei media, basti pensare alle varie veline/letterine/showgirls-soprammobile e simil donne oggetto che per decenni hanno invaso TV, giornali, industria della moda, della bellezza e della pubblicità. Il fattore “bellezza” (e l’utilizzo dell’immagine della donna) e oggettificazione del corpo in particolare, a mio parere, sono stati e continuano ad essere un grande cancro alla parità.

Il modello educativo ha sicuramente ancora dei retaggi culturali sessisti e maschilisti da eliminare, ci sono ancora molti stereotipi da dissolvere, ma mi sembra che siano stati fatti grandi passi rispetto a quello che hanno dovuto fronteggiare le nostre madri e le nostre nonne, c’è ancora del lavoro da fare ma sono ottimista su questo fronte.

Nel tuo percorso da professionista, qual è stato il traguardo di cui sei più orgogliosa?

In realtà sono tanti: vedere le mie immagini pubblicate sui giornali, il riconoscimento che ha avuto il mio progetto ‘Quest For Beauty’, aver fatto delle mostre anche all’interno di festival importanti, aver pubblicato il mio primo libro, le interviste in TV, etc, sono tutti traguardi di cui sono fiera. Ma quello di cui vado più orgogliosa sono i ‘Grazie’ che ricevo quotidianamente per il mio lavoro: sapere di riuscire a far sentire qualcosa di incredibilmente umano, di riuscire a toccare un tasto nell’anima delle persone tramite le mie parole, le mie immagini o i miei video reportage, questo per me, da artista, vale più di qualsiasi traguardo lavorativo.

L’essere donna è stato mai un ostacolo nella tua carriera?

Sinceramente no. Ho sempre lavorato da freelancer, mi sono costruita la vita che volevo–con sudore, lacrime e fatica, perché la vita non è mai facile—creandomi le mie regole, scegliendo con chi lavorare, prendendomi molti rischi e facendo molti sacrifici, ma l’essere donna non è mai stato un ostacolo.

Nel mio campo fortunatamente è il lavoro a parlare per sé; non metto in dubbio che questo non vale in altri campi—soprattutto per chi lavora in realtà aziendali o dove c’è una “gerarchia lavorativa”—dove spesso esistono discriminazioni di genere, ma per quanto mi riguarda mi sono sempre sentita rispettata e mai ostacolata.

Ritieni che l’Italia stia cambiando mentalità, riguardo al ruolo della donna in posizioni di vertice, e se sì, in che modo?

Mi è molto difficile dare una risposta oggettiva a questa domanda perché l’Italia l’ho vissuta poco (mi sono trasferita negli States quando avevo vent’anni e poi ho girato il mondo e ancora oggi passo la maggior parte del mio tempo fuori dall’Italia) e in più, come ho spiegato prima, io faccio parte di una sfera lavorativa—artistica/creativa—particolare, anche abbastanza nuova, dove non ci sono vertici. Basandomi su quello che osservo intorno a me però un cambiamento mi sembra di vederlo.

Qual è il messaggio più potente che vorresti arrivasse alle donne che ci leggono?

Che la vita si può—e bisogna—inventarsela. Viviamo in un’ epoca in cui i diritti e le opportunità le abbiamo, (soprattutto se si è nate dalla nostra parte di mondo e si è ricevuta un’ istruzione base) non bisogna aspettare che qualcuno ce le offra o si batta al nostro posto ma bisogna prendersele queste opportunità; ci vuole coraggio, certo, predisposizione a fare dei sacrifici, a prendersi dei rischi, ad accettare la possibilità di fallire, e soprattutto non bisogna avere paura del giudizio altrui. Solo se ci prendiamo la responsabilità verso noi stesse (di essere artefici e responsabili del nostro destino) arriveremo ad avere quello che vogliamo.

Per farlo bisogna imparare ad ascoltarsi, a decondizionare il pensiero da quello degli altri e della società, a lavorare su se stesse riconoscendo e diventando consapevoli del proprio valore, dei propri desideri, della propria forza e delle proprie vulnerabilità.

Nella vita niente è semplice—di ostacoli ce ne saranno sempre—ma quasi tutto è possibile se si fa quanto detto sopra, si può andare a prendersi la vita che si vuole, una vita in cui ci si riconosce, in cui si è sé stesse. Ed essere sé stesse, rimanere fedeli a se stesse è il successo e la conquista più grande di tutte.

Alessandra Quaranta 

Categorie: Sorellanza