In Donne Libere in carriHERe, Virginia Montaruli racconta il mondo del lavoro attraverso gli occhi delle donne, esplorando opportunità e sfide per costruire carriere senza confini.
Un viaggio verso equità, crescita e libertà professionale.
Perché il futuro del lavoro non è solo flessibile, è anche libero.
C’è un momento, nella vita professionale di molte donne, in cui la routine smette di essere sicurezza e diventa una gabbia.
Gli orari, il traffico, gli obblighi incastrati l’uno sull’altro: tutto sembra definire chi siamo, finché un giorno quello spazio comincia a diventare troppo stretto.
E allora succede qualcosa. Una scelta. Una crisi. Una rivelazione.
O semplicemente l’esigenza di respirare.
Negli ultimi anni, lo smart working e il lavoro da remoto hanno offerto la possibilità di ridefinire quel confine. Non solo come scelta logistica, ma come spazio di libertà: libertà di tempo, di luogo e, soprattutto, di identità.
In questo articolo ho raccolto le risposte di diverse donne che hanno vissuto in prima persona un cambiamento professionale importante. Attraverso le domande che ho posto — dal “com’era il loro prima” al “cosa le ha spinte a reinventarsi”, fino alle difficoltà, ai vantaggi e ai consigli finali — emerge un racconto autentico di cosa significhi ripensare la propria carriera con maggiore libertà.
Un percorso che prende forma proprio attraverso le loro parole, domanda dopo domanda.
«Prima dello smart working, com’era la tua vita professionale?»
Prima dello smart working, ognuna di loro viveva una condizione diversa, ma ugualmente limitante.
A questa domanda le risposte cambiano, certo, ma raccontano tutte una realtà sorprendentemente NON comune.
C’è chi trascorreva quasi tutta la settimana in ufficio, sei giorni su sette:
«Lavoravo in ufficio con un contratto di 6 giorni settimanali.»
C’è chi trascorreva le giornate tra spostamenti infiniti, costi e incastri logistici che divoravano ogni energia.
C’è chi racconta una quotidianità sempre uguale, fatta di orari rigidi e ripetuti:
«Ingabbiata in giorni e orari sempre uguali, ma la verità è che per un certo periodo non ha pesato.»
E poi chi cercava crescita, stabilità, un passo avanti che sembrava non arrivare.
Storie diverse, ma accomunate da una stessa sensazione: un equilibrio che si era incrinato.
Ed è forse questo il punto più importante: non sono esperienze isolate.
Sono situazioni in cui, ancora oggi, tantissime persone si riconoscono.
Perché quel “prima” non appartiene solo a loro.
È il “prima” di un’intera generazione che sta ancora cercando spazio, voce e libertà.

«Cosa ti ha spinto a cogliere l’opportunità di reinventarti o specializzarti?»
Quando il cambiamento arriva, spesso non bussa: si presenta, semplicemente, e ti invita a fare spazio.
Per alcune delle donne intervistate, la spinta è arrivata da fuori. Una crisi, una riorganizzazione, un imprevisto professionale: eventi che hanno messo in dubbio le certezze e reso inevitabile porsi domande nuove.
Per altre, invece, la svolta è nata dentro: un’intuizione difficile da ignorare, la sensazione che fosse il momento di seguire un desiderio che, magari, non appariva del tutto razionale, ma che risuonava come necessario.
C’è anche chi ha sentito un bisogno più corporeo e profondo: trasformare stanchezze, dubbi e inquietudini in un movimento nuovo, più autentico.
Motivazioni diverse, esterne o interiori, improvvise o maturate nel tempo. Eppure, un tratto comune attraversa tutte le loro storie: il cambiamento non è stato un salto nel vuoto, ma l’esito di un ascolto profondo, che a un certo punto ha smesso di essere un’opzione ed è diventato una necessità.
Ed è qui che nasce la riflessione più importante: ogni cambiamento, che arrivi da eventi fuori dal nostro controllo o da una voce interiore che finalmente chiediamo di ascoltare, richiede comunque un grande lavoro. Un lavoro di consapevolezza, di scelte, di pazienza.
Ma soprattutto, richiede coraggio.
Il coraggio di riconoscere che restare ferme a volte fa più paura di muoversi.
E che reinventarsi, alla fine, non è mai solo una scelta professionale: è un atto di fiducia verso se stesse.
Il tempo ritrovato
Tra tutti i vantaggi citati nelle interviste, il fattore tempo è quello che torna più spesso.
Una delle intervistate lo racconta così:
«Mi ha aperto gli occhi su possibilità che non avevo mai preso in considerazione. E, soprattutto, mi ha regalato calma interiore.»
La calma. Una parola che raramente associamo alla carriera, ma che in queste testimonianze ricorre più di ogni altra.
Un’altra sottolinea un aspetto oggi quasi rivoluzionario:
«La discontinuità logistica non esiste più. Le distanze non sono più un ostacolo.»
E c’è chi aggiunge un punto essenziale, che ribalta il modo di vivere le giornate:
«Oggi sono più impegnata, ma felice. Uso il mio tempo in modo flessibile, non lo subisco.»
Non si tratta solo di avere più minuti liberi, ma di vivere un ritmo diverso — finalmente aderente a ciò che si è, non a ciò che si deve essere.
C’è chi, con quelle ore guadagnate, ha fatto corsi online, chi ha imparato lavorando, chi ha sperimentato in autonomia.
«La differenza è che ora posso decidere io cosa e quando imparare.»
La curiosità diventa una bussola.
E la formazione, per la prima volta, smette di essere un obbligo e torna ad essere un piacere.
«Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato?»
Le difficoltà, nelle loro storie, emergono con la stessa chiarezza dei vantaggi. Una delle intervistate lo dice senza filtri: «Non è vero che è la modalità di lavoro del futuro per tutti.» Perché la libertà, scoprono presto, richiede struttura: nuovi confini, capacità di autogestirsi, disciplina nel mantenere il focus. C’è chi racconta di essersi sentita spaesata all’inizio, soprattutto entrando in un settore del tutto nuovo: «La libertà va allenata.»
È qui che emerge la natura più reale dello smart working: non un privilegio facile, ma una pratica quotidiana che va costruita.
«Come descriveresti la tua nuova carriera o identità professionale?»
Dalle loro risposte emerge subito un punto chiaro: il cambiamento professionale, per tutte, non è stato solo un passaggio di ruolo, ma di identità.
C’è chi oggi vive una professione plurale, composta da attività diverse che convivono e si intrecciano, seguendo un percorso in costante evoluzione.
Un’altra descrive il proprio lavoro come una carriera “ritagliata su misura”, costruita con consapevolezza attorno ai propri talenti e alle proprie esigenze, invece che su griglie rigide.
E c’è chi racconta la sua metamorfosi, spiegando che le sue risorse “danzano illimitatamente”: un’immagine che restituisce un lavoro che nasce dal corpo, dall’energia, dall’espressione personale.
Da queste storie emerge che è proprio qui che si manifesta la forma più concreta di libertà professionale: costruire un lavoro che ti assomiglia.
I consigli di chi ce l’ha fatta
Alla domanda «Che consiglio daresti a chi sogna di reinventarsi ma non trova il coraggio?», le risposte sono state sincere e molto diverse:
«Non partire dalla destinazione, ma dal viaggio.»
«Se non hai il coraggio, non farlo.»
«Pondera bene le variabili.»
«Ascoltati con tutto il corpo. Poi trasforma i dubbi in azioni positive.»
Diversi modi di dire la stessa cosa: il cambiamento non è un atto di impulsività, ma un esercizio di consapevolezza.
Come sintetizza una delle intervistate:
«Lo smart working non è la chiave di tutto, ma se impari a gestirlo, ti permette di vivere il lavoro con meno vincoli e più autenticità.»
Conclusione — La libertà come responsabilità
Le carriere senza confini non sono per tutti.
Richiedono il coraggio di rimettersi in gioco, la pazienza di imparare, la forza di restare salde anche nell’incertezza.
Ma per chi ci riesce, la ricompensa è grande: la possibilità di sentirsi finalmente al centro della propria vita professionale.
E forse è proprio questo il nuovo significato della libertà:
non fuggire dal lavoro, ma scegliere ogni giorno come viverlo.

Un grazie speciale
Questo articolo nasce dalle voci di donne che hanno scelto di condividere con generosità la propria esperienza.
Un grazie speciale a Topazia Rocco e Claudia Belchior per la loro testimonianza autentica e luminosa, e a tutte le altre partecipanti — anche a chi ha preferito restare anonima — per aver contribuito a costruire un racconto sincero e necessario.
Insieme, hanno trasmesso un messaggio forte: la libertà professionale è un percorso che si costruisce passo dopo passo, con coraggio e consapevolezza.
Questo articolo è per loro.
E per tutte le donne che desiderano una carriera più libera e più fedele a ciò che sono.