Benvenuti e benvenute nella rubrica #meethespeaker, l’occasione giusta per conoscere meglio le professioniste che saliranno sul palco di WomenXImpact il 18, 19 e 20 Novembre 2021 al FICO Eataly Bologna e Online.

Ognuna di loro è una grande professionista e in ogni intervista approfondiremo il suo punto di vista su un’ampia varietà di temi che riguardano la loro expertise.

La speaker di oggi è Patrizia Bertini, International DesignOps Lead per Intuit. Con Patrizia, abbiamo parlato dell’importanza di un sapere accessibile e democratico, di pensiero laterale e della fortuna di avere uno o più mentori nel corso della propria carriera.

Tutte le interviste sono opera di Roberta Cavaglià, contributor per Wired, Linkiesta e Rivista Studio e fondatrice del progetto di divulgazione Flair.

Inizierei con una domanda un po’ “trabocchetto”: cosa volevi fare da grande, quando eri piccola? E quando sei uscita dall’università?

Da piccola, amavo scrivere, disegnare e  dipingere, quindi mi sarebbe piaciuto diventare artista o scrittrice. Ma sono nata in una famiglia più scientifica che creativa, quindi mi sono iscritta al liceo scientifico. All’università poi ho studiato lingue, russo e ungherese, e ho scoperto che mi interessavano la linguistica e la traduzione letteraria. Avrei quindi voluto dare il mio contributo alla cultura e tradurre il sentimento altrui. Ma quello della traduzione è un mondo in cui è (quasi) impossibile sopravvivere.

Fortunatamente, però, in parallelo all’università, ho frequentato un corso dell’Unione Europea per webmaster e mi sono appassionata alle lezioni che riguardavano l’usabilità del web. Avevo scoperto il web durante il periodo della laurea, quando decisi di scrivere la tesi usando Internet (che nel 1996/97 era ancora una cosa nuova) e ne sono rimasta affascinata.

Come nasce la tua passione per la tecnologia e l’innovazione? Di cosa ti occupi in particolare e perché?

Mi sono sempre interessata al concetto di interazione, ai modi in cui rendere l’accesso alle informazioni sempre più democratico e a semplificare l’esperienza degli utenti sul web. Il mio primo lavoro è stato proprio quello di consulente in usabilità per un progetto del comune di Milano, “Milano per la Multimedialità”.

Ma sono sempre stata anche una persona estremamente curiosa e il mio percorso lavorativo lo dimostra: dopo l’esperienza come consulente, ho lavorato nel giornalismo, nel mondo delle pubbliche relazioni e anche nel settore della ricerca accademica.

Da tre anni a questa parte, sono diventata International DesignOps Lead, una figura innovativa che si occupa di aiutare i designer a lavorare in maniera più efficace e efficiente sia a livello creativo che a livello di business. I leader in questo settore sono di sicuro l’Australia e il Regno Unito, infatti io vivo e lavoro a Londra.

Da quattro anni, ti dedichi anche a un programma di mentoring: in che cosa consiste? A chi si rivolge?

Sono una persona che crede nel karma e a inizio carriera ho incontrato molte persone che hanno dedicato tempo e sforzi a darmi consigli preziosi. Sono molto grata di aver avuto la possibilità di imparare da questi miei “mentori”, e il mio modo per ripagarli, in questo momento, è di fare lo stesso. È un progetto a cui tengo molto, perché secondo me il sapere è fatto  per essere condiviso. Un sapere non condiviso, è un sapere morto.

Hai fatto esperienza nel mondo della ricerca: come vedi le donne in questo settore e in particolare nel tuo settore?

Credo che le donne sfruttino meglio il lateral thinking (il pensiero laterale) e che i team misti siano importantissimi per fare un buon lavoro. Generalizzando – sebbene ogni generalizzazione sia errata a prescindere, – il cervello femminile è più incline all’empatia ed altri aspetti esperienziali rendono le donne narratrici con una maggiore capacità di influenzare gli altri e le altre: insomma, le donne sono spesso comunicatrici migliori. Nella mia esperienza, siamo tutte un po’ come Sherazade: per vivere, abbiamo bisogno di creare storie e raccontarle. E le raccontiamo con quell’empatia e quella capacità di trasmettere elementi esperienziali che a volte nella narrativa maschile non emerge o viene messa in secondo piano da un focus più accentuato verso obiettivi e target.

Cosa diresti alla te di dieci anni fa? E alla te del 2031?

Alla Patrizia di dieci anni fa, direi: “sbaglia, perchè serve tutto, nella vita non si butta via niente. Divertiti e sperimenta”. Il mio motto nella vita è sempre stato: riempi la tua vita di tante vite.

Alla Patrizia del 2031 direi: “Secondo te, ne è valsa la pena?”. Ora come ora, per me sì, ma sento che avrò bisogno di fermarmi, di riflettere e di tirare le fila.

Raccontaci perché hai accettato di partecipare a WomenXImpact e perché, secondo te, altre persone dovrebbero farlo. Dacci tre buoni motivi!

Ecco i tre buoni motivi che hanno spinto me a partecipare a questo evento, e che potrebbero essere utili anche a voi:

  1. Esiste una differenza tra essere leader ed essere in una posizione di leadership, e non voglio che altre donne facciano l’errore di pensare che essere CEO voglia dire essere una leader. Per essere leader bisogna possedere  delle caratteristiche personali ed individuali: servono carisma, passione, capacità di comunicare e di condividere una visione, voglia di capire e disegnare nuovi scenari che abbiano un qualche impatto. Essere una leader significa avere un impatto e vedere e perseguire nuove opportunità all’orizzonte. È l’impatto quello che conta. Allo stesso tempo, la mia filosofia è: “il tuo ruolo non determina chi sei”. Quindi, la vera differenza sta nel cosa fai, per te e per gli altri.
  2. Credo che sarà una bella esperienza, sia per me, in quanto speaker, che per il pubblico. Penso che se c’è qualcosa che posso condividere e che può aiutare qualcuna a farsi una domanda, allora è la cosa giusta da fare. Non posso dare risposte perché quelle non le ho, ma posso condividere esperienze e domande che possano aiutare altre donne a cambiare il modo in cui si guarda al mondo e a trovare nuovi orizzonti, nuove opportunità, e la propria dimensione di impatto.
  3. WomenXImpact avrà luogo in Italia. Come ho detto prima, io vivo a Londra e lavoro per un’azienda della Silicon Valley, quindi la mia prospettiva sulle cose è sfasata, in anticipo di almeno un paio d’anni su quello che succede e succederà in Italia. Secondo me, c’è bisogno di portare questa visione, questo cambiamento che in Italia non è ancora arrivato o che forse è già lì, ma fatica ad attecchire. Un esempio su tutti: a Londra, le donne italiane a che hanno ruoli di impatto in grandi aziende sono tante perché hanno la possibilità di emergere. In Italia, molto meno. Per me, è tutta questione di dare l’input giusto.

 


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