La leadership femminile è un argomento importante e rilevante nell’attuale panorama lavorativo e sociale. Negli ultimi anni, si è assistito a un aumento della presenza di donne in ruoli di leadership in diversi settori, sebbene siano ancora presenti moltissime sfide e forti disuguaglianze da affrontare. Talvolta però possiamo dire con certezza che il peggior nemico di noi Donne…siamo proprio noi Donne! Ma perché poi?

Facciamo un passo indietro

Nell’epoca preistorica gli uomini cacciavano gli animali per sfamare la propria famiglia, d’altronde la loro prestanza fisica era ed è tutt’ora ben diversa da quella femminile. 

Mentre l’uomo si dedicava alla caccia di animali di grossa taglia, la donna lo aspettava tranquilla occupandosi dei figli e della casa.

Con il susseguirsi delle epoche storiche vissute dall’essere umano, però, la concezione della figura della donna come “manager della propria casa” ci è socialmente e politicamente sfuggita di mano. Ci hanno convinte tutte (o quasi) che noi non dobbiamo voler fare carriera, non dobbiamo avere chissà che ambizioni, dovremmo pensare a fare solo figli e ad occuparci di loro. Perché tanto…c’è e ci sarà sempre un cacciatore-uomo che si occuperà di sfamare la famiglia, assicurandoci un tetto sopra la testa. 

Peccato che oggi siamo nel 2023 e non più nel Paleolitico, o all’interno di una puntata dei Flintstones! 

Cosa sta cambiando?

Quando si sono accorti solo in epoca moderna che c’era bisogno di un bacino più grande di persone per poter far fronte al pagamento delle pensioni, far funzionare lo Stato e con quest’ultimo anche il capitalismo… hanno iniziato ad assumerci e a darci ruoli aziendali che spesso ancora oggi non hanno l’ultima parola in un processo decisionale.

Il grosso problema di questo circolo vizioso è che in qualche maniera ci è stata inculcata fin da piccole quella sensazione di fondo del “tu non ce la puoi fare” e questo deriva spesso da modelli genitoriali sbagliati, ma anche da azioni di cattiva politica interna. 

Nel momento del successo, quindi, tendiamo ad eclissarci dal nostro genere, rinnegandolo ed entrando a piè pari nell’altro sesso. Ma perché lo facciamo? Perché ci scordiamo della fatica fatta e non rimandiamo a terra quell’ascensore per agevolare le altre donne?

Forse perché non vogliamo farci troppo vedere come Outsiders in una folta mischia di uomini? Forse per paura di perdere quella posizione altisonante? Forse perché questi modelli ci portano ad essere eccessivamente competitive e vogliamo rimanere salde ad una cerchia ristretta (con posti a sedere limitati)?

È bene porsi domande semplici, non troppo articolate, per indagare a fondo nel problema e per cambiare le cose a lungo termine: perché una donna che ha raggiunto il suo successo professionale non rimanda indietro il proprio ascensore invertendo così questa annosa ed insensata tendenza?

Ultimamente ci sono moltissimi dibattiti su questo tema. Ne abbiamo sentite e ne sentiamo davvero di tutti i colori. Da un lato troviamo chi afferma che le donne siano irascibili almeno una volta al mese e a causa di ciò non siano adatte a ricoprire certi ruoli che richiedono una fermezza esponenziale, solida e continua.  Dall’altro, troviamo però anche chi identifica una mancanza di esperienza nel ruolo e un insegnamento non ancora totalmente acquisito della disciplina. 

I modelli di bellezza

Nell’acceso dibattito tuttavia si sottolinea la mancanza di un tassello non indifferente, del quale però non si parla. Una componente dalle conseguenze psicologicamente irreversibili sulle donne (tutte, anche quelle in carriera) e sulla maniera in cui la società stessa pensa e continuerà a pensare alle donne: “Il marketing della bellezza”.

Da decenni assistiamo a modelli di bellezza decisi a tavolino ed indirizzati solo al sesso femminile. Negli anni ’90 dovevamo essere magre e con l’ombelico del mondo in bella vista, nel 2000 dovevamo essere magre ma con un décolleté che stesse “in una coppa di champagne” ma senza fianchi, more ma con gli occhi chiari. Oggi al contrario dobbiamo essere in carne, ci preferiscono bionde. Questo può a tutti gli effetti essere definito uno stillicidio perpetuo e continuo portato avanti dalle televisioni e dai media.

Questo stillicidio portato avanti, sempre più insistentemente, con modelli di donne che non hanno altra ambizione se non quella di rimanere belle per essere socialmente accettate, sta causando e continuerà a causare danni psicologici e sociali di enorme portata. 

Le donne non si sentiranno mai “arrivate” nemmeno quando lo saranno veramente, non si sentiranno mai belle, non si sentiranno mai degne né di chi sono né di dove sono arrivate. In tante continueranno a provare astio verso altre donne. Solo quando ci piaceremo nel vero senso della parola, probabilmente quell’ascensore potrà iniziare la sua discesa consapevole

Prima di allora però, difficilmente sarà possibile, a meno che non si abbia la fortuna che quell’ascensore l’abbia utilizzato una donna che non solo ha raggiunto il successo professionale ma che sia anche una persona estremamente risolta. 

Questa è la prossima lotta contro “il sistema”: risolviamoci! È per il nostro bene. 

Giulia Ottogalli