Rubrica LeadHer a cura di Serena Marmo

Partiamo da un assunto: le relazioni interpersonali sono una delle forme più naturali e spontanee della socialità umana. Se è però vero che comunichiamo per condividere e creare relazioni, la bidirezionalità dello scambio e le condizioni che lo caratterizzano lo rendono in molti casi imprevedibile e richiedono capacità di espressione efficace e di gestione flessibile delle situazioni e in particolare dei conflitti.

Il public speaking è ormai una soft skills a tutti gli effetti, che si può migliorare mettendo in atto diverse tecniche, ma soprattutto allenandola nella pratica quotidiana.

Diversamente, la gestione dei conflitti è una capacità per lo più associata alla personalità individuale e alla propensione del singolo a essere per natura più o meno estroverso, assertivo o condiscendente. In realtà, al pari del public speaking, anche questo è un muscolo che può essere allenato e sviluppato tanto in contesti privati quanto professionali, in particolare in ruoli di leadership.

Iniziamo a conoscerlo.

Cos’è il conflitto?

Dall’etimologia latina di cum-fligere come “urto, scontro” deriva confligere, cioè “confliggere, cozzare” con una duplice lettura di contesto:

  • Discordia, contrasto tra individui o entità, che può essere gestito pacificamente con accordi appellandosi a regole condivise, oppure con il tentativo di una parte di imporsi con la violenza
  • Contrapposizione tra ruoli e/o aspettative

Se inteso in senso intransitivo assume quindi il significato di scontro, mentre nella sua accezione transitiva significa incontro. È quindi una parola che contiene al suo interno due significati apparentemente opposti e tra i quali ogni conflitto ci pone di fronte a una scelta di reazione. In ogni caso, non include di per sé l’opzione significativa di evitare.

“Ogni volta che sei in conflitto con qualcuno, c’è un fattore che può fare la differenza tra danneggiare la relazione e rafforzarla. Questo fattore è l’atteggiamento” – William James

Per sua natura, quando produce tensione e stress e rende difficile il processo di decision-making e di individuazione di un compromesso, il conflitto è disfunzionale. Al contrario, se è percepito in modo costruttivo, stimolando nuove prospettive e predisponendo all’apertura al cambiamento, assume una dimensione funzionale.

In questo secondo caso il focus del confronto non è più a livello personale/relazionale, ma si concentra su un problema concreto esterno all’individuo. Non giudica la persona, ma valuta un accadimento, condividendo opinioni e punti di vista con un approccio aperto all’ascolto. L’obiettivo implicito di queste situazioni è trovare un modo concreto con cui risolvere il problema che ha originato il conflitto, adottando una modalità collaborativa e creativa, che fa leva su una comunicazione aperta e onesta. Infine, è fondamentale prendere in considerazione le emozioni dell’interlocutore, cercando di astrarsi verso un punto di vista esterno che consente di prendere le distanze fisiche per destrutturare gli assetti di scontro.

5 stili per gestire efficacemente il conflitto

Ognuno di noi ha uno stile naturale con cui si approccia alle situazioni di scontro e prenderne coscienza è il primo passo per comprendere le logiche interne che si attivano e potenzialmente allenare stili diversi da mettere in campo in base al contesto.

Con riferimento al modello di Killmann, gli stili di gestione del conflitto sono riconducibili a 5 principali archetipi, classificati in base al livello di cooperazione e assertività che caratterizzano lo scambio.

  • Competere: indicato nei casi in cui si rende necessaria un’azione netta e decisioni rapide
  • Collaborare: da preferire nelle situazioni in cui le risorse disponibili sono tali da consentire di trovare una soluzione mutualmente favorevole, ma richiede un alto livello di fiducia tra le parti coinvolte
  • Cercare il compromesso: nei casi in cui il potere nella relazione è equi-distribuito, ma gli interessi delle parti sono evidentemente divergenti, per cui entrambe devono essere disponibili a negoziare per arrivare a una soluzione accettabile
  • Evitare: approccio utilizzato nelle situazioni in cui il problema non ha una rilevanza tale da giustificare il dispendio di energia e di tempo richiesti dal confronto. Da un punto di vista emotivo, viene agito quando le emozioni raggiugono un livello tale da essere negative o invalidanti
  • Accontentare: appropriato in situazioni che mettono a rischio la prosecuzione della relazione, nel momento in cui il motivo di conflitto non è percepito di rilevanza fondamentale per giustificarne le conseguenze sulla relazione; prende in analisi la dimensione di evoluzione futura del rapporto e le possibili implicazioni.

Gestire i conflitti

Come passare dalla teoria alla pratica?

Il primo passo è capire quale di questi stili di gestione del conflitto sentiamo più vicino alla nostra personalità e al nostro agire e quale invece ci richiede un maggiore sforzo e, quindi, un maggiore allenamento. Avendo ben presente il nostro funzionamento, siamo in grado di lavorare sulla nostra elasticità relazionale, che ci consente di essere più flessibili alle molteplici situazioni che si possono presentare.

Il secondo step è invece rivolto all’esterno e consiste nell’imparare a leggere le situazioni e a valutare il grado di apertura delle parti nella situazione di confronto. Riconoscere le tensioni sottostanti e le emozioni in gioco, oltre a valutare in modo oggettivo l’importanza dell’oggetto del contendere e le sue eventuali implicazioni, ci mette nella posizione di mantenere il conflitto su un piano funzionale.

Anche in questo caso, uno stile di comunicazione efficace ed empatica consente di mantenere il piano funzionale delle discussioni con alcuni accorgimenti pratici.

  • Quando vieni male interpretato, prendi tempo per chiarire il messaggio: utilizza una struttura avversativa riprendendo il concetto per come è stato inteso dall’interlocutore e ribaltandolo per far emergere la differenza rispetto a quanto intendevi (“Non intendevo assumere che il caffè non fosse buono, ma che probabilmente la macchina non fosse abbastanza calda”)
  • Utilizza un approccio positivo e inclusivo, considerando che entrambi i punti di vista sono validi e meritano un ascolto attivo da entrambe le parti
  • Evita costrutti che mettono il focus sul “tu” per evitare una possibile percezione accusatoria, esprimi la tua prospettiva in quanto tale (tua) e lascia all’altro la possibilità di condividere il suo punto di vista in merito

Il conflitto è parte integrante di qualsiasi relazione, personale e professionale, possibile causa di tensioni esterne, ma anche di stress emotivo. Conoscere il proprio funzionamento in queste situazioni è un primo passo efficace per alleviare il peso che ne deriva e allenare la propria capacità di gestione. Se realisticamente non tutti possono risolversi in modo universalmente positivo, un approccio funzionale può in ogni caso contribuire al benessere personale e relazionale.

Focalizzati sul tuo stile: qual è il tuo approccio più naturale per risolvere una situazione conflittuale e quale quello che ti richiede più sforzo? Parti da qui per esplorare i modi in cui si manifestano gli archetipi che abbiamo introdotto e inizia ad allenare il muscolo dell’adattabilità!

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Serena Marmo, Tech & Digital expert