È mai successo che per qualche motivo doveste fermarvi alcuni giorni o quanto meno rallentare? Allo stesso tempo, continuare a sentire proprio lì, dove è sempre stata, quella spinta inesauribile a portare avanti tasks aperti, a proporsi per opportunità nuove, a cercare il modo migliore di cogliere e poi di gestire nuove sfide lavorative e personali. Una situazione di stop fisico forzato – “solo” per il tempo di ripartire – è stata l’occasione per riflettere su un bene universale, ma scontato, eppure finito: il tempo.
Ecco, quindi, le due macro-domande da cui è nato tutto: come trasformare le situazioni di tempo potenzialmente inattivo in un tempo utile? E da qui la seconda domanda, qual è il tempo che si può considerare utile?
La nostra civiltà vive sotto quattro regimi temporali che si scontrano: Fato (imperativo biologico della vita fino alla morte), Progresso (imperativo del futuro), Iper-tempo (tirannia del presente e tecno capitalismo: il tempo è ovunque e da nessuna parte) e Scadenza (conto alla rovescia verso la catastrofe ecologica)
Pascal Chabot, Avere tempo (2023)
IL TEMPO UTILE: QUAL È?
Generalmente, l’utilità del tempo è direttamente proporzionale alla produttività che ne deriva: maggiore è il valore prodotto, migliore è l’impiego che del tempo è stato fatto. Questo è però anche il motivo che ci spinge a gestire liste spesso apparentemente infinite di scadenze, impegni e attività, talvolta con la percezione che quanto realizzato a fine giornata non sia che una piccola percentuale del totale da fare. Ma concretamente, come si può gestire in modo efficace ed efficiente il tempo a disposizione? È possibile riuscire a bilanciare il tempo utile “per terzi” rispetto a quello per sé stessi?
Per rispondere alla prima domanda, ci viene in aiuto la tecnologia. Infatti, sono ormai molte le soluzioni che supportano un’organizzazione efficace dei tasks, ottimizzando il tempo a disposizione e riducendo non solo il carico lavorativo, ma anche e soprattutto quello mentale che si genera dalla necessità di tenere tutto a mente. Insomma, è il momento di digitalizzare post-it e liste mentali per alleggerire la mente e avere un focus chiaro dei to do.
- Miro è l’evoluzione online della tipica lavagna, uno spazio da utilizzare in modalità condivisa e collaborativa per mappare idee, organizzare le proposte e rendere graficamente la vista d’insieme di quanto deve essere gestito.
- Canva è un altro strumento utile per le sue lavagne online, tool tutto in uno che ti permette di gestire grafici e disegni su whiteboard virtuali.
- Con Trello e Asana è invece possibile lavorare con un approccio “per liste” – assegnando responsabilità e scadenze, con notifiche e remind automatizzati per una schedulazione puntuale delle attività
- Microsoft Teams e Slack sono le piattaforme più diffuse in ambito professionale per la comunicazione real-time e la condivisione immediata di documenti, con la possibilità di gestire canali tematici e organizzare riunioni e gruppi di lavoro
- Strumenti dedicati al project management sono invece Jira (specialmente utilizzato in ambito Agile), Wrike e Microsoft Project, che consentono di disegnare e supervisionare sprint, processi, Gantt e molto altro
Solitamente, ogni azienda ha i propri strumenti corporate per le attività aziendali, ma perché non adottarli anche al di fuori per gestire attività mentalmente onerose e logisticamente “da incastrare” come spesa, lavanderia, corsi extra scolastici o visite mediche? Quello che potrebbe sembrare deformazione professionale, si rivelerà senza dubbio uno strumento di pianificazione salva-tempo.
“…in fin dei conti, vivere non è altro che gestire il tempo. Eppure, la disciplina che oggi porta questo nome (così come sua cugina più alla moda, la produttività) sembra avere orizzonti ristretti: come massimizzare il rendimento sul lavoro, come elaborare la perfetta routine mattutina, come preparare tutte le cene per la settimana in un’unica volta. Certo, anche queste cose sono importanti, ma la vita non è tutta qui. Il mondo è meraviglioso, ma ben pochi guru della produttività sembrano contemplare l’idea che il fine ultimo del nostro fare frenetico sia godersi un po’ di questa meraviglio.” –
Burkeman, Come fare per avere più tempo?
IL TEMPO VUOTO: PERCHÉ NON SERVE RIEMPIRLO
Una migliore gestione delle attività lavorative e delle incombenze extra ha come prima conseguenza un maggiore spazio vuoto, una situazione in cui è semplice cadere nell’errore di chiedersi, come lo riempio? In effetti, nella maggior parte delle situazioni, siamo portati a sentire l’urgenza di riempire qualsiasi spazio della giornata che si viene a liberare, guidati dalla convinzione che un utilizzo giusto del tempo sia quello che lo rende produttivo.
“Certo, si può avere tempo in quantità, ma di scarsa qualità. Sono due prospettive molto diverse, che a volte convergono perché bisogna avere almeno una quantità di tempo affinché sia di qualità, e a volte divergono. Il paradosso di non avere ciò che si ha può essere spiegato in questo mood. Coloro che si lamentano di non avere tempo si lamentano in realtà di non avere tempo di qualità. Ma emerge un nuovo problema. Cos’è il tempo di qualità?”
Pascal Chabot, Avere tempo (2023)
È una domanda aperta dalle molteplici risposte, sicuramente ognuno risponderebbe in un modo diverso e – in quanto personale e soggettivo – sarebbe una risposta del tutto credibile e accettabile. Ma allo stesso tempo, è una domanda che vale la pena farsi, per prendere coscienza di come soggettivamente ci poniamo nei confronti di un bene personale e finito.
Come metro di misura si accennava alla produttività, intesa come valore generato dal lavoro del singolo all’interno di un contesto aziendale o sociale. Non è però l’unica unità di misura, perché non considera la dimensione interiore e personale dell’individuo.
Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto. Mentre perdiamo il nostro tempo tra indugi e rinvii, la vita passa. Parte del tempo ce lo strappano di mano, parte ce lo sottraggono con delicatezza, e parte scivola via senza che ce ne accorgiamo.
Seneca, De brevitate vitae
E quindi? Tre domande, tre passi verso una maggiore consapevolezza:
NE (RI) PARLIAMO A SETTEMBRE
Questa è sicuramente la frase simbolo del mese di luglio, le settimane-ponte al di là delle quali – almeno in Italia – si intravede la chiusura estiva e la ripartenza nel mese di settembre. Può essere quindi l’occasione per ritagliarsi quel tempo tanto discusso e magari dedicarne una parte alla creazione di valore per sé. Viaggi, esperienze più o meno lontane dalla routine di casa, ma anche letture e spazi di riflessione. Ecco allora alcuni titoli ispirazionali, da leggere sotto l’ombrellone in riva al mare, in treno nel mezzo di un road trip o sdraiati in un prato appena fuori dalla baita.
Se avete voglia, ne (ri) parliamo a settembre!
Serena Marmo, Tech & Digital expert