Nella rubrica Non più Invisibili parliamo di malattie croniche e lavoro. Giovanna Errore, copywriter e redattrice freelance, ci racconta sfide, difficoltà e potenziali soluzioni per chi soffre di queste patologie.

Donne e patologie: una donna lavora al pc da casa mentre sta sdraiata sul divano

A marzo ci interroghiamo sui diritti delle donne, a che punto siamo arrivate in termini di equità e quali sono le discriminazioni che ancora gravano su di noi. In questo contesto è importante affrontare il tema dell’intersezione tra donne e patologie croniche e delle discriminazioni sul lavoro. Il 19% delle donne italiane soffre di almeno una malattia cronica. Quali sono le conseguenze pratiche di questa statistica sulla vita quotidiana? 

Donne e patologie croniche, la discriminazione inizia dalla ricerca

Diversi studi e saggi sul tema ci ricordano che le donne sono discriminate anche nella ricerca medica. Caroline Criado-Perez lo racconta nel libro “Invisibili – Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano”. Infatti la maggior parte degli studi sulla biologia e la medicina viene svolta su corpi maschili. E questo vale anche per le patologie che riguardano principalmente le donne. Uno studio più recente della Yale School of Medicine ripete che:

“Il 70% delle persone con dolore cronico sono donne. Eppure, l’80% degli studi sul dolore cronico è condotto su uomini o cavie di sesso maschile. Questa disparità di trattamento non è solo ingiusta—è pericolosa”.

E si fa ancora più assurda quando parliamo di donne e patologie legate al sistema riproduttivo. Tra le più diffuse vulvodinia, endometriosi, adenomiosi e sindrome dell’ovaio policistico. Insomma, come possiamo accettare che i nostri corpi e le nostre malattie vengano studiati senza di noi? La ricerca può ottenere dei reali risultati sulle patologie delle donne (o persone socializzate come tali) se non studia i nostri corpi?

Barlumi di speranza nella ricerca sulle malattie croniche

Dall’uscita del libro di Criado-Perez, nel 2019, qualcosa si sta muovendo. Soprattutto grazie al lavoro di attiviste e associazioni senza scopo di lucro, lo studio delle patologie croniche e invisibili è finalmente al centro del dibattito. Oltreoceano si cerca (con risultati più o meno efficaci) di bloccare la ricerca scientifica. Ma chi lavora nel campo della medicina, della biologia e delle professioni sanitarie sa che è importante progredire nella direzione giusta

In ballo c’è la vita di milioni di persone, principalmente donne. Quello che rischiamo è di veder sparire i nostri già risicati diritti. Infatti le donne (e le persone socializzate come tali) sono già bersaglio di discriminazioni sul lavoro singole, multiple e intersezionali. Hanno minori probabilità di lavorare, maggiori probabilità di essere costrette a un part-time e guadagnano meno dei colleghi uomini, secondo il rendiconto di genere del 2024 pubblicato dall’INPS.

donne e patologie: la foto mostra una donna che si fa un'iniezione in casa

Cos’è la discriminazione intersezionale o multipla

Nel 1989 la giurista e attivista statunitense Kimberlé Crenshaw parla per la prima volta di discriminazione intersezionale e di discriminazione multipla. Si riferisce a gruppi di persone che rientrano in più di un’etichetta di marginalizzazione. Per esempio, una donna migrante di religione musulmana subisce sia le discriminazioni di genere, che quelle etniche, che quelle religiose. Ma ci sono situazioni in cui è l’intersezione tra le varie categorie a determinare la discriminazione

Donne e patologie croniche sono un perfetto esempio di discriminazione sia intersezionale che multipla. La discriminazione multipla avviene quando si sommano l’elemento del genere e quello della patologia cronica. Per esempio, per stereotipi vecchi e infondati la società considera una donna meno capace di guidare. E quando una persona con patologia cronica è sui mezzi, qualcuno si sente in diritto di invitarla a lasciare il posto a chi ha disabilità visibili, a una persona anziana o a una donna incinta. Le tipologie di penalizzazione agiscono sulla stessa persona in due modi diversi. Si sommano, facendo sì che abbia difficoltà ogni volta che deve spostarsi per la città.

Il caso specifico della discriminazione intersezionale: donne e patologie invisibili

Nel caso di donne e patologie, in particolare sul lavoro, parliamo di una discriminazione intersezionale. In una situazione già complessa, le donne hanno meno probabilità di fare carriera o di arrivare ai vertici di un’impresa. Avere anche una o più patologie invisibili e non riconosciute aggrava il quadro generale. Mobbing e maltrattamenti sul lavoro aumentano, perché l’impiegata o la professionista viene anche considerata “pigra” dai suoi superiori.

Per andare ancora più a fondo nella questione delle discriminazioni intersezionali, dobbiamo ricordare che le donne con patologie croniche o disabilità vengono ulteriormente stigmatizzate se sono parte della comunità LGBTQIA+, se non sono bianche e se sono persone migranti o immigrate. Nel complesso le donne vivono una gran quantità di discriminazioni che possono portarle anche a lasciare il lavoro e abbandonare le proprie passioni e aspirazioni di carriera. 

discriminazione intersezionale: una donna nera con una malattia cronica prende dei farmaci dal medico

Cosa possiamo fare per migliorare la situazione?

Possiamo riconoscere le discriminazioni (singole, multiple o intersezionali) anche quando non ci riguardano in prima persona. Se il capo considera una collega pigra o poco competente perché ha bisogno di lavorare da casa o deve ridurre il carico di lavoro, ma noi sappiamo che è una brava lavoratrice, impariamo a dire la nostra. Proteggersi l’un l’altra dalle discriminazioni sul lavoro è una possibilità che dobbiamo esercitare, pur nel rispetto delle nostre personali difficoltà e necessità.

Da parte di CEO, team leader e superiori è importante valutare le reali prestazioni della lavoratrice nel quadro delle sue condizioni di salute. Ciò significa riconoscere il suo valore anche quando non è al top e non discriminarla se ha bisogno di più tempo o di accomodamenti per svolgere il lavoro al meglio. Le donne con disabilità visibili o invisibili sono un valore aggiunto a qualsiasi azienda, quando portano con sé esperienze e punti di vista diversi e quando sono, indipendentemente dalle loro condizioni di salute, delle brave lavoratrici. 

D&I, donne e patologie invisibili

Come abbiamo raccontato in questo reel di WomenX Impact, diversity & inclusion non sono una moda. Si tratta di una reale presa di coscienza di quello che serve alle aziende e alle persone. Le aziende con più del 30% di donne nel top management hanno più probabilità di registrare un rendimento finanziario maggiore. Lo dice la statistica. 

Allora come possiamo permettere che una fetta così ampia di donne venga estromessa dal mondo del lavoro? Possiamo e dobbiamo lavorare insieme per far sì che ciò non accada. Accomodamenti del posto e dell’orario di lavoro, team inclusivi e leader che puntano all’empatia sono la migliore scommessa sul successo di un’azienda e sul progresso della società. 

discriminazione intersezionale: la foto mostra un team di lavoro diversity

Giovanna Errore