Alessandra Carminati, in questo nuovo appuntamento della sua rubrica Recensioni in Rosa recensisce per noi “I furiosi anni venti” di Alec Ross, una lettura quanto mai attuale.

L’autore, attraverso uno stile narrativo vivace e scorrevole,  fornisce un’analisi attenta e approfondita dei tempi che stiamo vivendo, sottolineandone difficoltà e proponendo soluzioni e spunti di riflessione di grande impatto.

Alec Ross vanta un curriculum di tutto rispetto: imprenditore, investitore, scrittore, esperto di politiche tecnologiche…

Ross è stato inoltre consigliere al dipartimento di Stato per l’Innovazione con Hillary Clinton e ha svolto il ruolo di Coordinatore per il comitato Technology & Media Policy durante la campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008.

Attualmente divide la sua vita tra gli Stati Uniti e l’Italia dove, dal 2020, è docente presso la Business School dell’Università di Bologna.

I suoi libri, “Il nostro futuro. Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni” (2016) e “I furiosi anni venti. La guerra fra Stati, aziende e persone per un nuovo contratto sociale” (2021), pubblicati in Italia da Feltrinelli, hanno riscontrato un enorme successo di critica e pubblico.

Personalmente li ho apprezzati entrambi e ne consiglio la lettura, sia per i numerosi spunti di riflessione che offrono, sia per lo stile di scrittura di Ross, uno stile che unisce magistralmente acuta analisi e narrazione vivace.

Dovendo sceglierne uno soltanto per questa mia recensione, ho deciso di focalizzarmi sul secondo, di estrema attualità, tanto più che ci troviamo proprio nel bel mezzo dei “furiosi anni venti” di questo secolo e, mai come ora, il mondo che ci circonda ci appare complesso e incerto.

Un’analisi attenta per una visione di ampio respiro

Forse proprio in virtù della sua pluralità di esperienze e delle sue competenze trasversali, nel suo libro Alec Ross è in grado di riconnettere diversi elementi (economici e sociali in primis, ma anche tecnologici e culturali) in una teoria più ampia, in una visione  di largo respiro che si prefigge di fornire valide coordinate su cui (ri)pensare il nostro futuro e riplasmare le nostre certezze.

Il punto di partenza dell’intera riflessione di Ross sui tempi di cui siamo al tempo stesso protagonisti e spettatori, è la constatazione del logoramento e della rottura del “contratto sociale”, inteso come quell’ equilibrio su cui si reggono le diverse parti che compongono la società: cittadini, governi e aziende.

Secondo Ross, l’accordo che regola i rapporti tra cittadini, governi e aziende (e che ne sancisce al tempo stessi diritti e doveri) ha perso efficacia, al punto che i suoi ingranaggi un tempo ben oliati sembrano, ora più che mai, essersi completamente inceppati.

Le difficoltà nel mantenere i vecchi equilibri non sono “sbucate dal nulla” ma sono piuttosto l’effetto di cambiamenti storici e culturali che affondano le loro radici già negli ultimi decenni del ventesimo secolo e che, nei “furiosi anni venti” del ventunesimo, hanno forse raggiunto il punto massimo di crisi.

In fondo non dovremmo poi sorprenderci più di tanto, soprattutto se consideriamo il fatto che molti di questi equilibri sono nati nel mondo occidentale al tempo della Rivoluzione industriale e che, anche se ben si adattavano alla realtà del tempo, difficilmente oggi riescono a funzionare altrettanto bene.

I cambiamenti che stanno delineando (e a volte sconvolgendo) il secolo in cui viviamo sono tanti e la loro portata implica, secondo Ross, un attento riesame del contratto sociale affinché questo possa realmente garantire un giusto equilibrio a tutte le parti interessate.

Aziende: capitalismo degli azionisti vs capitalismo degli stakeholder

Al fine di valutare al meglio possibili nuove rotte che siano in grado di delineare al meglio un nuovo contratto sociale, Ross si focalizza non su una soltanto ma su tutte le parti in gioco, partendo proprio dalle aziende.

Secondo Ross, analizzando il ruolo delle aziende e la loro evoluzione storica, uno degli aspetti che emerge maggiormente riguarda la differenza tra il capitalismo degli azionisti (shareholder capitalism) contrapposto a quello degli stakeholder (stakeholder capitalism).

Dovendo riassumere in poche parole, il capitalismo degli azionisti (che fa la sua comparsa più o meno a partire dalla fine degli anni settanta del ventesimo secolo) punta a massimizzare il profitto di coloro che detengono le azioni di una società/compagnia, senza di fatto tenere in considerazione gli aspetti sociali e relazionali dell’azienda, come ad esempio il suo ruolo (o il suo impatto) nel territorio in cui opera.

Al contrario, il capitalismo degli stakeholder tiene in maggiore considerazione questi aspetti sociali, guardando anche e soprattutto al benessere sia di chi in azienda lavora sia di tutti quei soggetti coinvolti o interessati da quanto l’azienda stessa fa.

Negli ultimi decenni, è facile vedere come il capitalismo degli azionisti abbia soppiantato quasi completamente il capitalismo degli stakeholder. Il risultato di questa nuova tendenza a guardare solo al profitto per gli azionisti, un profitto peraltro incentrato sul breve termine (senza reali considerazioni sugli effetti a lungo termine), ha portato pian piano le aziende ad avere un potere sempre maggiore, con la conseguenza che la loro influenza spesso supera di gran lunga quella delle istituzioni nazionali.

Nonostante queste premesse non siano proprio incoraggianti, Ross si mantiene ottimista, individuando anche aziende moderne, tra cui Patagonia tanto per fare un esempio, capaci di agire in controtendenza rimettendo al centro delle loro filosofie una visione che tenga ben presenti le ripercussioni sociali delle loro azioni.

Per Ross, in sostanza, ritornare a un capitalismo degli stakeholder sembra essere quindi auspicabile (se non l’unica soluzione possibile) per ricostruire un equilibrio positivo in grado di garantire i migliori risultati per tutti (non solo per gli azionisti..).

Lavoratori, tasse e geografia del cambiamento

Dalle aziende l’analisi si sposta ai lavoratori e, subito dopo, ai governi, analizzando aspetti quali il tarlo delle tasse e la politica estera.

Anche in questi settori le riflessioni di Ross sono estremamente lucide e puntano a ricostruire il “come” si è arrivati alla situazione attuale,  a rintracciare le radici storiche e sociali che hanno portato a determinati cambiamenti.

Perché il potere dei lavoratori sembra essersi così indebolito rispetto al secolo scorso? Dai grandi scioperi del ventesimo secolo e al ruolo importante dei sindacati si è arrivati a una sorta di stallo, di difficoltà per i lavoratori a far sentire la propria voce, con ovviamente tutta una serie di ripercussioni che hanno minato appunto il contratto sociale. Secondo Ross, una possibile soluzione al problema è che i sindacati valutino di sostenere un “sistema di sicurezza condivisa” che includa partecipazione alle decisioni aziendali e azionariato diffuso.

Interessante anche l’analisi degli attuali sistemi di tassazione, delle loro lacune, dell’elusione fiscale, di come si siano sviluppati quei cosiddetti paradisi fiscali e delle tecniche usate da aziende multinazionali per fare in modo che i loro profitti siano il meno tassati possibili…

Quest’ultimo aspetto si lega a doppio filo al capitalismo degli azionisti ed emerge quindi sempre più l’idea secondo cui risulta vincente pensare al proprio interesse, a discapito di quelle che possono essere le conseguenze. Per superare questa impasse una possibile misura suggerita da Ross riguarda la tassazione unitaria con ripartizione proporzionale.

Infine, anche il ruolo dello Stato viene analizzato a fondo, soprattutto nell’ottica di sistemi chiusi e sistemi aperti.

Quale dei due fornisce la risposta migliore ai tempi che stiamo vivendo? Quale riesce (o riuscirà) a garantire maggiore prosperità e sicurezza?

Capire come i due sistemi siano nati e si siano evoluti in determinati contesti è cruciale per valutarne l’impatto anche in territori dove finora non erano comparsi e, di conseguenza, per comprenderne la portata.

Uno storytelling perfettamente efficace

Al di là dei contenuti di sicuro interesse e delle riflessioni che nascono dopo la lettura del libro di Ross, c’è un altro aspetto che lo rende piacevole: uno stile narrativo impeccabile.

Ross è capace di narrare in maniera coinvolgente, utilizzando esempi concreti e aneddoti che servono a comprendere meglio un fenomeno, a farlo ricordare e a rendere i lettori maggiormente partecipi.

La tragica storia di Alec Smith che ha richiamato l’attenzione sui problemi legati ai costi elevati dell’insulina negli Stati Uniti, le difficoltà della famiglia Layfield… tanto per citare un paio di esempi.

Situazioni concrete che mostrano nel quotidiano gli effetti del logoramento del contratto sociale, portando su un piano umano e molto reale quelli che a prima vista sembrerebbero solo concetti astratti.

La bravura di Ross sta soprattutto in questo: nel rendere chiari e fruibili dei concetti che potrebbero sembrare avulsi dalla nostra realtà ma che, invece, la influenzano nel profondo.

Il suo ottimismo nel proporre possibili soluzioni e nel valutare azioni concrete che siano in grado di migliorare il mondo in cui viviamo è contagioso, per questo il suo libro, in tempi così critici e complicati, è una lettura che consiglio vivamente.

 

Alessandra Carminati