Nella rubrica Non più Invisibili parliamo di malattie croniche e lavoro. Giovanna Errore, copywriter e redattrice freelance, ci racconta sfide, difficoltà e potenziali soluzioni per chi soffre di queste patologie.

Foto di cottonbro studio
La difficoltà di vivere una disabilità, visibile o invisibile che sia, non comincia con l’ingresso nel mondo del lavoro. Già nel corso degli anni di studio, la scuola dell’obbligo e l’università per le persone con disabilità presentano degli ostacoli peculiari. Alcuni sono superabili tramite l’applicazione di norme, altri andrebbero decisamente affrontati. Un po’ come per gli accomodamenti ragionevoli, leggi-ombrello non bastano. Ogni ente formativo ed educativo ha la necessità di rendersi accessibile al numero più ampio di persone.
Chi ha la 104 può fare l’università?
Esiste una normativa (104/92) da seguire per aiutare il binomio università e accessibilità, ma non sempre questa basta a dare agli studenti e alle studentesse dei percorsi di studio davvero affrontabili. Secondo la legge, l’università per le persone con disabilità superiore al 66% è completamente gratuita; mentre per chi ha riconosciute percentuali tra il 45 e il 65% è possibile essere esonerati da una parte delle tasse. Gli aiuti di carattere economico però (che comprendono anche una detrazione delle spese di viaggio, alloggio e mensa universitaria) non bastano. Per avere un’università davvero accessibile ci sono molti altri passi da compiere.
La legge stabilisce anche il diritto di pari opportunità nello studio, che in generale comprende:
- servizi di tutoraggio,
- uffici disabilità appositi nelle università;
- una percentuale di posti assegnati alle persone con disabilità nelle facoltà e nei corsi a numero chiuso;
- la possibilità di ottenere agevolazioni nel corso degli studi e nello svolgimento degli esami;
- la possibilità di chiedere una copia in formato accessibile degli strumenti di studio e dei materiali didattici.
Ma è solo questo che serve a una persona con disabilità per frequentare l’università?
Ostacoli nelle università per persone con disabilità nel concreto
Seppure con tutte le agevolazioni riconosciute dalla legge, ad oggi frequentare l’università rimane nel concreto un percorso complesso per chi ha una disabilità. Il primo e più banale ostacolo sono le barriere architettoniche. Nonostante la legge parli chiaro, non tutti gli atenei rispettano le leggi sull’accessibilità. L’ubicazione di alcune facoltà universitarie in edifici storici e zone della città poco accessibili, infatti, impedisce a studentesse e studenti anche solo di arrivare a lezione. Per non parlare poi delle difficoltà ad accedere alle aule o a prendere posto su sedie e banchi scomodi, vetusti e inadatti agli ausili come sedie a rotelle o bastoni.
Nelle università tradizionali, la frequenza obbligatoria delle lezioni e l’impossibilità di accedere al materiale di studio online pongono ulteriori problemi a chi ha disabilità di tipo sensoriale (uditivo, visivo) o neurodivergenze. Docenti che richiedono una particolare modalità di assimilazione del materiale remano contro questi studenti. Una possibile soluzione è riscontrata nel frequentare le università telematiche che, riconosciute dal MIUR e molto più accessibili online, permettono di studiare anche da casa. Ma non può essere questa la soluzione: ogni cittadino e cittadina dovrebbe avere il diritto di studiare come, cosa e dove preferisce con il sostegno delle istituzioni pubbliche.

Foto di Julia M Cameron
Uno studio su università e accessibilità in Italia
Secondo il rapporto di ANVUR del 2022 (Gli studenti con disabilità e DSA nelle università italiane: una risorsa da valorizzare), il nostro paese ha ancora numerosi passi avanti da fare. Lo studio rivela infatti che il numero di studenti con disabilità e dsa è cresciuto stabilmente negli ultimi vent’anni, ma crolla drasticamente in base alla tipologia di titolo di studio. Se lauree brevi e magistrali hanno una buona percentuale di iscritti appartenenti alle categorie protette, il dottorato di ricerca e i master vedono quasi un azzeramento di iscrizioni. Si può presumere che questo sia dovuto al carattere più arduo di questi percorsi. Il dottorato di ricerca prevede spesso un periodo di studio all’estero mentre i master hanno obblighi di frequenza e quantità di esami a volte proibitivi.
Ma rendere l’università accessibile alle persone con disabilità dovrebbe essere lo standard. Così come il rapporto dimostra, queste persone hanno la voglia e la capacità di affrontare corsi di studio superiori, se solo vengono messi in condizione di farlo. La realtà che va oltre le statistiche poi è ancora più complessa. Nonostante la presenza di uffici appositi e corsi di orientamento, non tutte le università sono veramente accessibili. Nelle zone del Sud Italia e nelle isole, la difficoltà di spostamento impatta sulla vita di studenti e studentesse. E non tutti i corsi di studio permettono agevolazioni nello svolgimento degli esami, online o in stanze apposite.
Le università per persone con disabilità invisibili
Nelle norme di legge così come nei report ufficiali, si parla sempre e solo di università per persone con disabilità riconosciute. Lo studio ANVUR divide in disabilità motorie, sensoriali, neurologiche, oncologiche e dsa. Appare subito chiaro che, anche in questa situazione, le patologie croniche sono invisibili. Non esistono riconoscimenti chiari né percentuali di disabilità legate ad esse, e quindi non esistono norme né studi sulla loro applicazione. Quello che succede è che le persone con disabilità invisibile rinunciano allo studio o si sentono limitate nella scelta dei percorsi.
Cresce il numero di iscrizioni alle università telematiche, private e quindi più costose. Le persone con disabilità invisibile spesso non hanno percentuali riconosciute dalla legge 104 e quindi finiscono per pagare la retta per intero. Inoltre, gli atenei telematici sono sempre più accessibili ma non possono offrire la varietà di corsi di studio di quelli in presenza. Corsi di laurea in ambito sanitario o scientifico e i già citati dottorati e master, che richiedono una maggiore partecipazione in presenza, vengono preclusi a chi soffre di patologie croniche invalidanti e non riconosciute.

Foto di RF._.studio
Cosa si può fare per migliorare la vita in università per persone con disabilità?
Il passo più importante è ancora una volta riconoscere la varietà e la pluralità di esperienze di vita. Non tutte le persone con disabilità hanno problemi visivi e motori, ma possono averne altri. Riconoscere l’esistenza di neurodivergenze, disturbi cognitivi e patologie legate al dolore cronico vuol dire assicurare il benessere di studenti e studentesse in ogni fase del percorso. Dalla possibilità di dare esami senza frequenza obbligatoria alla trasformazione dei materiali di studio in forme accessibili, alcuni interventi possono essere applicati direttamente dal corpo docente.
Università e accessibilità hanno poi altri modi di incontrarsi. Opzioni adatte alle restrizioni dietetiche in mensa, aule silenziose per gli studenti con neurodivergenza o sovrastimolo sensoriale, percorsi di studio e di esame che tengano conto delle personali esigenze del singolo. Tutto questo si può e si deve fare nelle nostre università, che sono le fucine dei talenti del domani. Se permettiamo a tutti gli studenti e le studentesse di accedere alla formazione che desiderano e che sentono adatta a loro, formeremo professioniste e professionisti preparati in ogni ambito.
Accesso libero all’università e futuro lavorativo
Chi sceglie, consapevolmente o meno, di limitare l’accesso all’università per persone con disabilità di ogni tipo, sta impoverendo la nostra società. Se l’istruzione e la formazione sono poco accessibili, il numero di persone che ne usufruiranno sarà sempre inferiore. Di conseguenza, luoghi di lavoro, incarichi istituzionali e carriere soddisfacenti non saranno alla portata di tutti. Le persone con disabilità dovranno accontentarsi di non lavorare, o di accedere a posti di lavoro che non li soddisfano e in cui non possono esprimere i propri talenti.
In WomenX Impact crediamo nell’inclusione nei team, nelle aziende, nei CDA e nelle istituzioni. Siamo convinte e convinti che ognuno di noi possa apportare il suo specifico talento nel mondo del lavoro e nella società. Ma questo avverrà soltanto quando avremo strumenti e possibilità eque per tutti. Questo non è il mondo che stiamo sognando: è già realtà per le istituzioni, le università e gli enti di formazione che hanno abbracciato l’inclusione. Rendere l’inclusione la normalità nelle università e non solo sarà il prossimo obiettivo, e speriamo di poter contribuire a questo cambiamento.

Foto di Audu Samson
Giovanna Errore